Pinsa o piadina? Dilemma difficile per il palato. La prima nasce dalla famiglia della pizza ma è di forma ovale, la seconda rotondissima, incarna una delle tipicità regionali più conosciute ed esportate al mondo. Entrambe sono la tela bianca su cui dipingere gusti e profumi a seconda della propria creatività, della stagionalità, o semplicemente in base a quello che offre il frigorifero per una cena salva tempo. Entrambe nate economizzando sulla materia prima, hanno conquistato un posto di primo piano nelle abitudini, diventando anche fonte di ispirazione per delle vere e proprie catene di fast food ultima generazione.
Le origini
La Pinsa è nata nel Lazio, nei dintorni di Roma, diversi secoli fa. Un alimento frutto del genio dei contadini, che non potevano certo permettersi di sprecare nemmeno un grammo di quella farina ottenuta con tanta fatica. Deriva in particolare dal participio passato pinsum (o pistum) del verbo latino pinsere, che significa schiacciare, macinare, pestare. Il prodotto più raffinato e lavorato era destinato ai mercati, la parte più grezza, quella che si potrebbe impropriamente definire “scarto”, non si vendeva. I contadini laziali iniziarono così ad utilizzare queste farine poco lavorate, integrali, per creare un impasto con lievito madre a lunga lievitazione.
Fu così che nacque la Pinsa, in origine simile ad una focaccia croccante e leggera, condita solo con olio, sale e salvia, dalla forma tipicamente allungata. Questo ovale condito è qualcosa in cui diversi pizzaioli credono e investono tempo, studiandolo e sperimentando. Oggi nelle città le pinserie nascono ovunque, tanto che molte pizzerie hanno sempre due versioni sul menu: pizza e pinsa. Altrettanto successo hanno le basi già pronte che si trovano in commercio.
La piadina romagnola ha origini antichissime, proviene da una tradizione contadina povera e semplice, ma negli anni è stata in grado di conquistare le tavole di tutti i buongustai e ha raggiunto una fama a livello mondiale. Diffusa sin dai tempi degli antichi romani, veniva descritta come un pane azzimo cotto su lastre arroventate. La storia della piadina è davvero antica.
Prima ancora dei romani questo particolare companatico veniva preparato dagli etruschi, che successivamente hanno tramandato la ricetta nell’antica Roma, dove era consumata negli ambienti più raffinati. Veniva gustata ripiena o come sostituto del pane.
Dal Medioevo in avanti è stata relegata come cibo “povero” ma, a partire dal Novecento diviene protagonista di una vera e propria rinascita grazie anche al boom del turismo della Riviera Romagnola. Un dovuto distinguo: a nord di Rimini – Cesena e Ravenna – si mangia “la piadina", da Rimini a Cattolica si mangia “la piada”. La differenza oltre al nome sta nella composizione degli ingredienti. Nella zona costiera della Romagna, ad esempio nel riminese, è tirata più sottile mentre nelle zone interne del cesenate, forlivese e ravennate, è più spessa e soffice per l’aggiunta di un pizzico di bicarbonato.
La ricetta
La pinsa romana è un lievitato unico nel suo genere realizzato con un impasto a base principalmente di farina di frumento e farina di riso. Grazie alla particolare miscela di farine, risulta croccante fuori e morbida dentro. Viene considerata l'antenata della pizza, anche se rispetto a questa ha meno calorie ed è particolarmente leggera grazie alla lunga lievitazione che la caratterizza. Da sostituto del pane, mangiato in accompagnamento a formaggi e salumi, oggi la pinsa romana è diventata un prodotto a sé, da farcire in modo tradizionale ma anche con ingredienti per una pinsa gourmet che la rendano ancora più sfiziosa.
Essendo molto vasto il territorio dove invece viene prodotta, non esiste un'unica ricetta della piadina, si parla piuttosto di diverse varianti locali: c'è chi mescola la farina di frumento con la farina di mais, chi usa ancora lo strutto come facevano le nonne e chi lo sostituisce con l'olio, chi usa un po' di lievito, miele etc… Anche nell'aspetto le varie piadine romagnole non sono identiche: nella zona del riminese per esempio, è più fine e larga, man mano che si sale più a nord, verso Ravenna, diventa più spessa e stretta. La piadina è un prodotto IGP. Per essere vera piadina romagnola deve essere prodotta in Romagna. Nessuna azienda, fuori dal territorio d’origine, può produrre e commercializzare un prodotto che nel nome abbia riferimenti alla Romagna. Al giorno d’oggi, data la sua grande diffusione e produzione, sono poche le famiglie romagnole in cui si prepara ancora la piadina in casa. Tradizionalmente la piadina viene preparata e stesa a mano e cotta in una teglia di terracotta chiamata “testo”.
La lievitazione
A differenza della pizza, la lievitazione della pinsa proprio per la composizione di farine diverse, richiede tempi differenti. Questa miscela, insieme alla pasta madre, crea un impasto molto idratato, favorisce una lunga lievitazione un impasto molto digeribile e contribuisce a rendere la pinsa sempre fragrante croccante. La lavorazione dell’impasto è anche essa totalmente differente rispetto a quello della pizza: la stesura lo rende molto alveolato, quindi la pinsa risulta croccante all’esterno e piacevolmente morbida all’interno. Si distingue dalla pizza dal profumo intenso di un pane antico, dalla sua punta di acidità data dalla fermentazione e dal lievito naturale, dalla sua forma irregolare e dai segni di stesure dati dalla pressione dei polpastrelli sull’impasto che formano delle incavature e un piano irregolare perfetto per distribuire i condimenti.
Lievito assente o presente nella piadina a seconda della zona geografica. Agli ingredienti base acqua, farina, sale, si aggiunge a seconda delle preferenze strutto oppure per una versione più leggera olio extravergine di oliva.
Sfiziose e golose
Morbida e croccante, si acquista solitamente surgelata o sottovuoto come base da farcire. E’ sicuramente un piatto fragrante che farà felici i commensali, si può condire con 80/90 grammi di passata di polpa di pomodoro e la stessa quantità di mozzarella per una versione tradizionale oppure sperimentare equilibri tra il dolce e il salato, bastano pochi minuti di cottura in forno. Olio e sale se la farcitura sarà a freddo, altrimenti tutti gli ingredienti possono essere disposti sull’ovale prima della cottura.
Ma, per una perfetta consistenza, croccante all’esterno e ariosa all’interno, può essere utile dedicare un po’ di attenzione anche alla composizione del topping. I condimenti disposti in superficie infatti possono influire su cottura e consistenza, oltre che su gusto, profumi e sulla dimensione estetica, per fare della pinsa un vero capolavoro per gli occhi e per il palato.
Sono infiniti anche i modi per gustare la piadina. La preparazione, se non la si è impastata in casa, richiede pochi semplici passi. E’ altresì vero che se la fame è tanta e il tempo è poco la soluzione perfetta è una piadina metà sopra, una metà sotto, prosciutto crudo, squacquerone e rucola nel mezzo, e il pranzo veloce (e squisito) è servito.
Le contaminazioni con la cucina vegetariana e vegana sono l’ultima tendenza in fatto di farciture. Entrambe, pinsa e piadina, si prestano infatti ad essere guarnite con le creme di formaggio o le creme vegetali a base di legumi, anacardi o mandorle.
Dal salato al dolce
Pinsa e piadina sono ottime anche farcite con ingredienti dolci, con semplicemente della marmellata e foglie di menta per un tocco di freschezza, oppure con la crema di nocciole e granella di pistacchio. Sulla pinsa in estate si può gustare anche una crema di mascarpone leggera con della frutta a fettine. Un must in assoluto è la piadina con la Nutella. Solo per veri golosi.